Gocce d'ispirazione
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... sono sempre stato angosciato, tormentato, infastidito da me stesso
... combatto senza un vero nemico, mi estraneo continuamente e
continuamente provo a descrivere un mondo in continua evoluzione che non
aspetta nessuno, che viaggia come un missile verso una meta
sconosciuta, straniera. Il mio scrivere, è come essere malati ... è una
patologia dell'anima ... è dondolare tra realtà e follia ... se qualcuno
mi domanda per quale motivo scrivo, rispondo sempre che non lo so ...
si potrebbe passare tutto il pomeriggio a vaneggiare sui vari perché ...
forse è essere affamati di sé, avere una continua voglia di conoscersi,
cercare in qualche modo di manifestare la propria essenza e di
imprimerla su un foglio o in un pentagramma per non farla sembrare il
nulla che spesso
appare. Credo che tutti gli scrittori e tutti i compositori siano dei
saccenti, dei
malinconici saccenti ... anche egocentrici. Io, spesso, mi sto sulle
balle ... ma forse non sono uno scrittore ... ho cominciato descrivendo
la natura, il nascere di una foglia, i prati ghiacciati, il fieno
ingiallito, un fiore che sboccia ... poi, da una qualsiasi situazione
nasce una storia: se vai dal benzinaio, al supermercato, a spasso col
cane, a mangiarti un panino, a bere una birra, dal dentista, o dove vuoi
andare, ti si sovrappongono migliaia di dimensioni e crei un
altro mondo dentro al mondo. Allora essere uno scrittore significa
vivere di parole ed essere un compositore vivere di note sparse, di
quelle che non esistono e allora te le inventi, di
quelle che ormai sanno di vecchio, di quelle lunghe ed affascinanti e di
quelle corte ed incisive. Uno scrittore vede un fiume e gli sembra il
Gange, vede un monte e gli sembra l'Everest o il Kilimangiaro ... un
compositore si innamora di tutte le donne che incontra e patisce se non
le
può avere, o perché non esistono, o perché sono solamente nella sua
testa e fatica ad accettarlo ... uno scrittore-compositore ha sempre la
febbre e
vive delirando, vive la sua vita con persone che non esistono. Uno così è
forse solo un pazzo, che come un sasso piatto lanciato in
uno stagno saltella per un po' e poi se ne va a fondo, affonda per il
suo peso, perché è così che vuole la sua natura. È un condannato che non
ha commesso alcun reato, tranne quello, un giorno, di essersi messo una
penna in mano e di aver scarabocchiato un foglio che, silenzioso,
chiedeva solo inchiostro ..."
Non si può insegnare, lo riconosci subito quando sei dentro una favola, le cose prendono una forma diversa da quella di sempre, da quella normale, ma anche dall'eccezionale. I gabbiani per esempio; non fa impressione vederli così distanti dal mare, magari stupisce guardarli mentre volano così lontano dalla discarica.
La discarica delle favole, quella grande con la sagoma di una piramide maya, chissà perché gli danno quella forma, chissà se ci fanno dei sacrifici umani, là in cima appena nascondono il tesoro dentro la spazzatura e spengono i camion prima di scrivere sulla mappa. I gabbiani giocano, volano controcorrente per due chilometri buoni, si tuffano dentro l'acqua nella curva del fiume nel punto che sembra proprio un gomito, ma un gomito umano con le grinze fatte dalla corrente, uguali alle nostre.
Il fiume delle fiabe è in piena in questi giorni, trascina gli uccelli velocemente fin sotto il ponte declassato; dopo la piena assomiglia ad un reggipetto vecchio, di quelli a cui le donne si affezionano e continuano a portare nonostante abbiano preso due misure in più. Ci sono novelle dove le principesse portano solo la coppa J, non in questa.
Il bello dei gabbiani è che non li distingui: maschi e femmine sono tutti uguali, stesso colore, stesse dimensioni, stesse voglie, stessi sogni, stessi giochi. Non puoi dargli un nome finché non sai cosa pensano della storia; non è permesso. I gabbiani pensano e ridono mentre filano sulla corrente, forse cantano, si inventano le parole in un inglese apparente. In questa favola gli uomini hanno un nome di donna tatuato sul fianco come i pescherecci.
La pioggia delle favole fa fare sogni strani, al confine con gli incubi, i sogni stanno dalla nostra parte vorrebbero invadere, attaccare per primi, ma rimangono sulla frontiera come si rimane a guardare il tramonto da una terrazza di fronte al mare. C'è da fidarsi dei gabbiani, almeno dentro questa storia, con loro c'è sempre un lieto fine in agguato e non capiterà quando finisce tutto, ci sarà un lieto fine prima della metà, un altro quando la principessa si spoglia e all'ultimo, quando nessuno ci crede più.
In questa favola gli uomini si tengono i sogni piccoli e buttano via quelli giganteschi, non fanno come le barche col pescato, si tengono i fuori misura e nemmeno questo si può insegnare.
Dentro questa fiaba non si pescano pesci magici per rispetto. In questa storia non ci sono reti, tutti possono essere presi, ma nessuno viene catturato, ci sono un paio di curve a gomito con le grinze, una principessa senza poppe, un ponte declassato per far passare un solo sguardo alla volta, tre lieto fine di quelli veri di cui due senza baci che risvegliano.
Dentro questa favola siamo sempre tutti svegli. Gli occhi si chiudono in volo. I gabbiani di quassù non li distingui tra loro, non sai come la pensano, abbiamo appena aperto corsi di inglese apparente, ma se sbagli una pronuncia la storia finisce.
Avete salvato l'ultimo lieto fine?
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