Osservava le persone camminare lungo il viale adiacente la piazza,
assenti, indaffarate ... le osservava da una finestra in legno, sotto un
cielo color vaniglia, minacciato da nuvole di pioggia. Era nella sua
stanza, in un pomeriggio agli inizi di aprile. Erano seduti affianco sul
letto di lei, dal Mac fuoriuscivano alcune note di un brano che
interessava entrambi o, almeno, avrebbe dovuto farlo. Si guardavano, e
la musica spiegava le loro emozioni ... "non vorrei che entrassi dentro
di me" aveva detto lei, ma in realtà sapeva benissimo che lui poteva
entrare dentro di lei, (lei voleva questo) ... "quello che sta accadendo
ora, qui dentro, rimane un fatto isolato nel tempo, una bolla di
sapone, un'ampolla con due pesci rossi dentro" disse lei, ed era la
verità. C'erano cose, frutto di azioni compiute in prima persona, dalle
quali non ci si riprende più. Qualcosa doveva necessariamente morire
dentro il petto, bruciarsi. Molto tempo dopo, l'aveva rivista. Le aveva
parlato. Non c'era più pericolo nel farlo. Lui sapeva come per istinto
che ora non aveva più alcun interesse per quello che lei faceva. Avrebbe
potuto accordarsi per un secondo incontro, se uno di loro due l'avesse
voluto. A dire il vero si erano incontrati per caso. Era successo nel
parco, un'orribile e gelida mattina di febbraio, quando la terra pareva
diventare di ferro e l'erba sembrava morta e nulla iniziava a fiorire,
se non qualche croco che si era aperto un varco attraverso il suolo
unicamente per essere devastato dal vento. Lui camminava in fetta, con
le mani ghiacciate e gli occhi che gli lacrimavano, quando la vide, a
meno di dieci metri da lui. Si accorse subito che era cambiata, anche se
non riusciva a cogliere il carattere di quel mutamento. Passarono l'uno
davanti all'altra quasi senza far mostra di vedersi, poi lui si voltò e
la seguì, ma senza provare alcun sentimento di ansia. Sapeva che non
c'era più alcun pericolo, che nessuno avrebbe fatto caso a loro. Lei non
parlò. Cominciò a camminare in senso obliquo sull'erba, come se volesse
liberarsi di lui, poi sembrò rassegnarsi a che lui le camminasse a
fianco. Dopo un po' si ritrovarono in una macchia di arbusti laceri e
senza foglie, inutili sia a nasconderli che a proteggerli dal vento. Si
fermarono. Faceva un freddo terribile. Il vento fischiava attraverso gli
arbusti, agitando gli spauriti e luridi crochi. Lui le passò un braccio
intorno alla vita. Non vi era musica, ma dovevano esserci delle note
nascoste da qualche parte, inoltre, chiunque poteva vederli. Ma non
aveva alcuna importanza, nulla aveva più importanza. Se avessero voluto,
avrebbero potuto perfino stendersi per terra e fare l'amore. Soltanto a
pensarci, la sua carne fu percorsa da un brivido. Lei non rispose
minimamente alla stretta del suo braccio, ma neanche tentò di liberarsi.
Ora vide che cosa era mutato in lei: il volto era pallido, ed era più
magra. Ma non era questo il cambiamento più marcato. Era soprattutto il
fatto che il suo essere si era "ammorbidito", come se fosse diventato un
liquido che si adatta e si espande ... Si ricordò di una volta che
improvvisamente la volle abbracciare con impeto ... si stupì della sua
forza incredibile, ma anche dalla sua rigidità e dalla difficoltà che
incontrava nel toccare la sua carne di pietra ... Pensò anche che il
tessuto della sua pelle doveva ora essere ben diverso da quello che era
stato un tempo. Non tentò di baciarla. Non si scambiarono una parola.
Mentre tornavano indietro, sull'erba, lei lo guardò in faccia per la
prima volta. Fu un'occhiata furtiva, colma di stupore e di vergogna. Lui
si domandò se l'origine di questo imbarazzo fosse solo un effetto degli
avvenimenti passati, se fosse causato anche dal suo viso ancora più
vissuto e dalle lacrime che il vento continuava a spremergli dagli
occhi. Si sedettero su una giostrina per bambini, l'uno accanto
all'altra, ma non troppo vicini. Lui si accorse che lei stava per
parlare. La vide mentre allungava una goffa scarpa e calpestava e
spezzava un rametto. Pareva che i piedi le si fossero fatti più grandi.
"Ho tradito, ... lo so" disse lui. Gli rivolse un'altra occhiata piena
di vergogna. "A volte" disse lei "la vita minaccia di farci delle
cose... cose a cui non puoi resistere, cose che non vuoi neanche
immaginare e allora dico "non voglio che accada a me, voglio che accada a
qualcun'altra"... ... e dopo puoi anche pensare che il mio era solo un
trucco per ingannare il mio ed il tuo cuore; fingo, ... ma non è vero.
Quando succede ... il mio cuore si inebria, ... voglio salvarlo, ma non
posso fare altro che cederlo alle tue volontà ... Abbiamo desiderato
davvero quello che abbiamo fatto? Abbiamo badato solo a noi stessi ..."
... "solo a noi stessi" fece eco lui ... "dopo, i sentimenti verso noi,
non sono più gli stessi"... "no" rispose lui, "non sono più gli stessi".
A quanto pareva, non c'era altro da aggiungere. Il vento modellava i
vestiti attorno ai loro corpi, quasi d'un tratto divenne inopportuno
restare seduti lì, senza scambiarsi una parola. E poi, faceva troppo
freddo per starsene immobili. Lei mormorò qualcosa, che aveva da fare, e
si alzò ... "non ci dobbiamo più rivedere" disse lui ... "si" disse
lei, "ci ritroveremo in un'altra vita, quando saremo entrambi gatti".
Incerto, la seguì per un tratto di strada, tenendosi a mezzo passo da
lei. Non parlarono più. Lei non fece alcun tentativo per sbarazzarsi di
lui, ma camminava ad un'andatura sufficiente per impedirgli di portarsi
al suo fianco. Lui aveva pensato di accompagnarla fino all'altro lato
della piazza, ma a un tratto quel procedere l'uno dietro l'altra, nel
freddo, gli sembrò inconcludente e insopportabile. Si sentì invadere dal
desiderio non tanto di allontanarsi da lei, quanto di trovare un bar
per ubriacarsi: ebbe una visione nostalgica, di un tavolo all'angolo,
con il giornale e il gin versato senza risparmio ... aveva bisogno di
tanfo e calore. Un attimo dopo, e non si trattò di un caso, lasciò che
un gruppetto di persone si interponesse fra loro due. Fece un tiepido
tentativo di guadagnare terreno, poi rallentò, si voltò indietro e si
allontanò nella direzione opposta. Dopo aver percorso cinquanta metri si
girò a guardare: la strada non era affollata, ma già non la vedeva più.
Ognuna di quelle sagome che camminavano spedite, sarebbero potute
essere lei. Si mischiò nella confusione calma, di un giorno qualunque,
una molecola tra mille molecole, un innesto di un ingranaggio, una
pietra di una recinzione, ... un puntino, nello spazio ... "quando
succede" aveva detto lei, "si fa sempre sul serio", e lui aveva fatto
realmente sul serio. Non si era limitato a dirlo, lo aveva desiderato,
fortemente. Aveva immaginato un ragionamento, disegnato un quadro
astratto o forse futurista, si era spinto, a braccetto con la mente ed
il cuore ... in un pomeriggio di febbraio. Dopo, il silenzio.